Il Ministro Gelmini illustra le linee guida del Programma di Governo. Si punta su merito, autonomia e valutazione


Il Ministro Gelmini ha illustrato alla Camera le linee guida del Programma di Governo. C’è la volontà di aumentare gli stipendi agli insegnanti: “questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse“.

Si punta sulla valorizzazione del merito per scuole, studenti e docenti: “valorizzare la governance degli istituti, dotarla di poteri e risorse adeguate“; “la scuola deve premiare gli studenti migliori“; “sistemi premianti per il corpo docente e una valutazione del loro lavoro”; “una vera e propria carriera professionale degli insegnanti che valorizzi il merito e l’impegno“.

E’ tolleranza zero contro il bullismo: “non saranno più tollerati gli atti che non rispettano i compagni di classe, gli insegnanti, le strutture, il patrimonio comune“.

Non ci sarà una vera e propria riforma del sistema scolastico: “noi abbiamo bisogno di vero cambiamento, non di presunte riforme… per troppi anni abbiamo investito le nostre energie sull’attività legislativa, abbiamo imbullonato e sbullonato leggi e decreti, badando più al colore politico che alla sostanza dei problemi“. Non è necessario “ripartire da zero ogni volta, bisogna “preservare e mettere a sistema quanto di buono fatto dai miei predecessori“.

Lo slogan delle 4 I: alle famose 3 I, inglese, internet, impresa ne aggiunge una quarta: “la “I” di italiano, termine con cui ricomprendo l’antico trinomio, leggere, scrivere, far di conto“.

Parole concilianti. Staremo a vedere.

Fonte | Repubblica.it


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8 Risposte a “Il Ministro Gelmini illustra le linee guida del Programma di Governo. Si punta su merito, autonomia e valutazione”

  1. Zibibbo dice:
    Pubblicato martedì 10 Giugno 2008 alle 12:29

    Oltre ad aumentare gli stipendi, bisognerebbe ridurre il numero degli insegnanti.

  2. sciura pina dice:
    Pubblicato martedì 10 Giugno 2008 alle 18:50

    intanto, però, è stato ,spero momentaneamente, eliminato il bonus per l’accesso all’università per gli studenti più meritevoli: non mi sembra un buon segno.

    http://ww3.sciurapina.net/sciurapina/wp-admin/post.php?action=edit&post=663

  3. sciura pina dice:
    Pubblicato martedì 10 Giugno 2008 alle 18:52

    scusa ho sbagliato a mettere il link

    http://ww3.sciurapina.net/2008/06/09/ancora-perplessita/

  4. Deborah Zucca dice:
    Pubblicato mercoledì 11 Giugno 2008 alle 18:43

    …in che modo si valuteranno i meriti degli insegnanti? Personalmente lavoro in un Distretto di Genova in cui affluiscono in continuazione (intendo anche nel corso di un anno scolastico) utenti migranti di nuova o seconda generazione: non mi spaventa il lavoro, faccio per scelta ogni giorno 80 km per andare e tornare (e apotrei avere il posto sotto casa) e sono motivatissima nel farlo perchè credo nell’integrazione, ma ovviamente i miei alunni avranno sempre un “peso” in più rispetto agli alunni autoctoni, e magari anche benestanti, nella gara della vita che passa attraverso la formazione, educazione e nuova istruzione… In base ad un test standard fatto sui bambini stessi io risulterei sicuramente “meno brava” di una mia collega che lavora nelle scuole di elitè e che ha a che fare con figli di dottori o avvocati perchè emergerebbero livelli di apprendimento molto diversi! Il rischio sarà quello di una fuga di massa dalle scuole “Zona a rischio” per trasferirsi nelle scuole “bene”!

  5. cinzia dice:
    Pubblicato venerdì 5 Settembre 2008 alle 22:15

    ho iniziato 28 anni fa come insegnante unica e dopo tanto parlare aggiornarsi confrontarsi collegialmente siamo ritornati al punto di partenza, la verità è che non si sta puntando su una scuola di qualità, ma si sta cercando di risanare le casse dello stato facendo credere che tutto era sbagliato.
    Siamo in balia alle mode ed alle esigenze polito-economiche del partito di turno che tutto guarda fuorchè l’interesse dei bambini.
    Insegnante unica con tetto di trenta alunni, inviterei la dottoressa Gelmini a fare un pò di esperienza. E’ tutto molto deludente, per fortuna che i bambini sono e saranno sempre splendidi.

  6. marghe dice:
    Pubblicato domenica 12 Ottobre 2008 alle 18:48

    Penso che sia l’unica cosa da farsi, Gentile Ministro, in una situazione generale di crisi dove la manovra finanziaria ci spiega tutti i tagli che ci saranno, nei settori della pubblica amministrazione, a partire dal prossimo anno fino al 2013.Nonostante i vecchi sistemi, benchè utili, siano ormai sorpassati; a causa della nostra società particolarmente esigente;potrebbe essere un idea vincente un salto nel passato.Non si può mai dire.

  7. marghe dice:
    Pubblicato domenica 12 Ottobre 2008 alle 18:56

    La cultura, va soggetta ad un processo di ammodernamento, continuo. La nostra società ormai digitalizzata, è ed utilizza dei linguaggi tecnici.La famiglia si è nuclearizzata.Le esigenze del 45′ ma anche successive a tale data, oggi non ci bastano più. Le molteplicità culturali, ci portano ad essere super informati e polivalenti.Si alla triade secondo i vecchi schemi, ma senza sottovalutare gli altri aspetti.è molto difficile il lavoro che lei stà per intraprendere,e per il quale ho il massimo rispetto.

  8. carmine rizzo dice:
    Pubblicato mercoledì 21 Gennaio 2009 alle 18:25

    MINISTRO GELMINI, QUELL’ESPRESSIONE NON VA ………E NON SOLO

    Alla cortese attenzione dell’onorevole Mariastella Gelmini
    e p.c. Presidente CNUDD Prof. Paolo Valerio

    Oggetto: osservazioni sull’espressione “studenti diversamente abili” utilizzata nel decreto per i criteri ripartizione stanziamento per interventi studenti diversamente abili anno 2008
    Illustrissimo Sig. Ministro,
    sono un operatore che lavora da anni nel campo della disabilità e in particolare nei Servizi universitari di supporto agli studenti universitari con disabilità.
    Le scrivo sollecitato dalla lettura del Decreto Ministeriale 28 agosto 2008 prot. n. 159/2008, da Lei firmato, in cui campeggia l’espressione “studenti diversamente abili”, sulla quale vorrei proporLe alcune brevi considerazioni.
    Mi permetta di partire da una frase illuminante di Giuseppe Pontiggia apposta come dedica a un suo bel libro: «A tutte le persone disabili che lottano, non per diventare uguali agli altri, ma se stessi». Tale dedica ci interpella tutti, nessuno escluso.
    In nessun ambito della vita le parole sono chiacchiere, tantomeno nell’ambito del sistema formativo formale (quello di Sua competenza come Ministro): nella correzione dei temi contano perfino gli accenti e gli apostrofi, si immagini quindi il peso specifico delle parole! La mia non vuole essere una mera disputa lessicografica o semantica, nell’uso di certi termini sono in ballo questioni più profonde, che concernono il rispetto vero delle persone, delle loro storie di vita e della loro condizione esistenziale.
    L’espressione “studenti diversamente abili” è sempre più diffusa nel mondo dell’informazione e della politica, ma moltissimi fra i più competenti, preparati e appassionati operatori italiani nell’area delle disabilità hanno eccepito vigorosamente su di essa. Le riporto alcuni esempi: la teologa Adriana Zarri scrive che questa «ridicola e ipocrita definizione rappresenta il colmo dell’imbarbarimento e, in fondo, dimostra una mancata accettazione di uno stato di difficoltà»; Andrea Pancaldi parla di termine «carico di ambiguità»; il giornalista Franco Bomprezzi denuncia una «deriva linguistica che, nell’enfatizzare le capacità di alcuni, ignora le persone con maggiori difficoltà». Carlo Giacobini, poi, descrive il “neologismo” con acuta ironia come «un ansiolitico linguistico, utile al massimo a mettere in pace la coscienza di coloro che non si sono mai fatti carico sino in fondo di questi problemi».
    Personalmente ritengo che si tratti di un tentativo maldestro di “sdoganare” le disabilità, rimuovendo (o se si preferisce camuffando) le difficoltà reali che assillano giorno per giorno gli studenti universitari con disabilità. Invece di lottare per affermare nella prassi quotidiana il diritto all’uguaglianza di opportunità, si inseguono goffamente modelli efficientisti ed estetici. Qualcuno potrebbe obiettare che l’espressione mira a valorizzare le abilità residue (quando ci sono), il che è sicuramente doveroso ma ha come indispensabile presupposto il riconoscimento leale e oggettivo delle limitazioni delle attività, non la loro rimozione attraverso operazioni di ‘cosmesi comunicativa’.
    L’inserimento e l’inclusione sono possibili, da una parte, mediante provvedimenti amministrativi che favoriscano i progetti di vita indipendente di ciascuno (e quindi mettendo in campo investimenti); dall’altra, attraverso processi culturali di accettazione lunghi e complessi, che non solo non passano attraverso la proposta di nuove e ambigue definizioni ma possono addirittura essere da esse ostacolati.
    Gli studenti universitari con disabilità hanno bisogno di servizi, e non di questi biglietti da visita ingenui, e anche fuorvianti.
    Infine, vale la pena ricordare che il termine diversamente abile non ha nessun rigore scientifico, né alcuna valenza sul piano legislativo ed è intraducibile in altre lingue. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, che il 22/5/2001 ha approvato la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, suggerisce di usare il termine “persone disabili” o “persone con disabilità”.Mi auguro, Sig. Ministro, che non voglia liquidare questa mia lettera come un semplice esercizio di pedanteria e puntigliosità semantica, ma intenderla come un piccolo contributo sulla strada da percorrere per la piena promozione dei diritti di cittadinanza delle persone con disabilità e per la creazione delle condizioni perché possano essere se stesse e non quello che noi vogliamo che siano.
    E allora, mi creda Sig. Ministro, tutti noi saremo più autenticamente noi stessi.

    Napoli 19/01/2009
    Carmine Rizzo

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